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Ninfee di C. Monet

Ninfee di Monet

 

(da Santo Atanasio, Monodici Canti, Forlì, Forum /Quina Generazione, 1987)

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IncantoMonodici Canti

 

 

L’estate dei tuoi occhi

scioglie vele d’osanna in fondo al cuore...

E sospiro di sapidi abbandoni.

 

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Frenesia

 

 

Di notte

m’involgo d’una clàmide scarlatta

e predo il cielo di pepite tremule,

per costellarti,

amore.

(1970 - 1983)

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Angolo di bosco

 

 

Oh l’angolo di bosco,

fresca amaca del sogno

nella calura estiva!

D’insonnia di cicale

lieve s’increspa l’ombra di smeraldo

contro cui la tua statua

si staglia, chiara:

ed è leggenda amarci:

dalle ramaglie pendono turiboli

che oscillano di zèfiro,

odorosi d’incenso,

e intrecciano carole le amadrìadi ...

Ma vi trabocca ad èlice l’autunno

le vecchie foglie: e il cuore trascolora...

 

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N.d.A.: Al v. 6, «statua»: corpo statuario. Al v. 12, «le amadrìadi» (ninfe boscherecce della mitologia greca) danzano tenendosi per mano e girando in cerchio («intrecciano carole»). Al v. 13, «trabocca ad èlice»: riversa a spirale.

 

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Al crocicchio i mattini

 

 

Al crocicchio i mattini

l’attesa di specchiarmi

nella tua voce d’acqua,

d’accendermi dell’eco iridescente

di tue labbra sorrise...

 

Ora è l’assenza nostra

al crocicchio i mattini.

 

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Incagli 

 

 

Tra sirti le vele del sogno

con timida lama di fede.

 

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N.d.A.: Epigrammatica connotazione dell’angustia dell’anima che paventa il disincanto.

 

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I tuoi silenzi

 

 

Non più il tuo labbro gocce d’infinito

gronda sopra l’arsura mia supina...

Fossero simulacri i tuoi silenzi

o ancora navigabile il passato!

Io tornerei cantore di quei sogni

perduti in fondo al vecchio rovereto...

Ah, nella fossa ingrata dell’oblio

forse m’hai già sepolto... Ed è finita.

 

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N.d.A.: Al v. 3, «simulacri»: qui sta per manifestazioni insincere, infingimenti.

 

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Ora sa...

 

 

Era l’inverno.

Cantava l’anima: «La vita è sogno...».

Ora sa come sia

                             vento inasprito.

 

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Mattina di mezzautunno

 

 

Ritorno in questi luoghi desolati.

 

Le nuvole distillano

un’acquerugiola di raggi di sole,

l’urlo del vento echeggia

tra le forre dei monti,

svettano i lecci −

qualche foglia si stacca...

 

Io siedo su una roccia: guardo odo

sono ancora sospeso

in un convòlvolo di accadimenti

attendo

o di capire, o di tollerare.

 

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N.d.A.: Al v. 10, « convòlvolo» (memoria luziana e montaliana): pianta erbacea rampicante; qui in senso metaforico, l’avvitarsi ingarbugliandosi «di accadimenti».

 

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Cielo notturno

 

 

Nell’immenso cielo notturno

balenano stelle infinite...

 

Ma il cuore non cessa di battere i denti.

 

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Amore

 

 

Amore,

angelo dalle labbra generose di luce,

o tu

quasi pietrificato

dalle vicissitudini del vivere,

l’opaca povertà dei miei silenzi

t’implora un fil di canto,

ora che il cielo sanguina

e il giorno tace, amore.

 

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Recisa ha l’ala il sogno

 

 

Annotta. Stelle scandiscono il cielo,

l’anima gridi neri di memoria.

 

Recisa ha l’ala il sogno.

 

Pure domani la vita si schianta

contro solide mura

d’antica solitudine.

 

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Morgana

 

 

Fiorì di neve la gaggìa stecchita:

il cuore − nera rondine − fra i grappoli

baluginò garrì d’un fiato e sparve...

O pianta di silenzio, la morgana!

 

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N.d.A.: Il lemma «morgana» (o “fatamorgana”) è memoria carducciana e montaliana: miraggio, illusione.

 

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Cielo di luce

 

 

L’uomo che viva

l’alta notte dei pelaghi,

venga alla costa dove la risacca

è una fiorita di angeli d’opale...

 

— Senti? L’opacità di quei silenzi

qui si fa voce d’innocenza, e splende.

Ascolta. Imbevi di queste ali gli occhi...

Si ferma il cielo, tu cielo di luce.

 

 

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