Overblog
Edit page Segui questo blog Administration + Create my blog
/ / /

350px-VanGogh-starry night ballance1

Vincent Van Gogh, Notte stellata (1889)

 

 

(da Santo Atanasio, A voce a voce, Editrice Bose Giesse, Barrafranca, 1997)

 

**********

(1985)

Il gridoA voce.. 

 

 

 

Una porta

                   — sbarrata.

Ogni cosa

                   — non vera di squallore.

L’interno

                   — acheronteo?

 

 

E rompe là

                     − da dove? −

l’arco nero di un grido

inforca una folata

                                  fugge via.

 

Qualcuno resta:

                              ne subisce il gelo.

 

 

 

 

**********

«Ad ora incerta»

 

  

 

 

Assera... Lei m’accora, di lontano...

«Tu non sei qui. Non esclusivamente,

almeno» leggo − e lei fu siepe al sogno −

nel diario dei suoi occhi levigati...

 

«Erba il suo invito, inutilmente. Lama

il mio rifiuto, fatalmente» dico

tra me, stasera, a malincuore — lei

ghermita da chi sa quale tormento.

 

«"Ad ora incerta", dentro, fosche voci

rompono come rulli di tamburi,

e mi raggelano» le spiego − lei

altrove − con cerino di speranza.

 

Mi rimorde la calma di quest’ora...

(Penso: «Cercarla è vano: è la mia voce

una colomba in volo, ma non lascia

dietro di sé nessuna scia di pace»).

 

____

N.d.A.: «Ad ora incerta» è citazione leviana (“Ad ora incerta” Garzanti, 1984 raccoglie tutte le poesie di Primo Levi). 

 

**********

Assenza di me

 

 

 

I

Da baluardi di scogli

misuro a mano a mano

l’iniquità del mare...

 

II

Ecco torna un frangente

con ostinati neri corni e timpani

si avventa sulle rocce spumeggiando

ricade in ampie virgole

fa gorghi si ritrae mugghiando...

                                                            E tornano

a infiggersi nel petto

i gridi lanceolati dei naufragi...

 

III

Rimango a misurare a groppo a groppo

la vita ch’è già stata e che sarà...

 

IV

Solo di rado nei longinqui cieli

la voce di ghironda dei gabbiani

è soffio lene d’aurorale pace.

 

 

**********

L’alba è proba e la sua tunica bianca

 

 

 

 

 

E tuttora m’interrogo su come

immiserisca di rugose assenze

lo spirito incolmabile di luce.

 

L’alba è proba e la sua tunica bianca.

 

Fluttuano, lievi, attese in dormiveglia

nei seni calmi di colline d’erba:

eterno bimbo si ri-vela il cuore.

 

 

**********

Senza ritorno, vado

 

 

 

 

Mezzombra,

                       evanescenze:

                                               controverse...

 

In quest’ora sospesa di settembre

lo sguardo sta

a frugare d’intorno...

 

S’impunta

a carezzare un nulla:

un guscio di cicala − uno sconforto −

immobile sul ciglio di una pozza...

 

E guizza,

alta nel cuore,

la gloria del  limìo

d’estate,

confusa coi pinnacoli di luce

di gioventù...

 

E, nonostante...

− già nonostante il nonostante −, accade

− accade! −

che a fior di pace me ne debba andare

verso quel dove di silenzi austero,

avaro − e quanto! −

di fuoco e movimento...

 

Solari fughe d’ieri,

o voi effimeri e infiniti amori,

un’aspra nostalgia di voi mi affanna

− una spirale d’ombra −:

                                              il mal d’autunno...

 

Vado.

           Senza ritorno, vado.

                                                Addio.

 

 

**********

Verso l’annientamento 

 

 

 

 

A raggiungere cosa ci si affretta?

le cime di che gloria?

                                      o non forse

l’annientamento?

 

 

**********

I vecchi di provincia 

 

 

 

 

Crespi di addii e di rimpianti i volti,

nodosi di fatica le falangi,

i vecchi di provincia

trascinano ricurvi

la loro solitudine

tra scricchi di selciati

e muri scalcinati.

 

Breve un quarto di luna,

la loro terra è tutta erbacce e spini

e lungo tremito —

nel morso degl’inverni e dell’estati,

dall’esodo dei figli.

 

Di quando in quando

tra fusi di cipressi

singhiozza una campana.

 

 

 

**********

Nonostante 

 

 

 

 

Nonostante la Croce,

                                       dentro covi

si tramano veleni

ai danni della vita.

                                   Carità

chiarìa deserta — interminatamente?

 

 

 

**********

Sera d’aprile

 

 

 

Sera d’aprile, chiara,

                                       sfumata di tenero blu...

 

Il cielo con mani di vetro

sfila stormi di rondini.

Sul ciglio dei tetti tintinna

il rame del tramonto.

L’acquario dell’erba lontana

brulica d’ogni scaglia.

 

Smarrirsi in un fanciullo:

                                               l’amore inviolato del vivere!

 

 

**********

Giugno

 

 

 

 

Giugno

              canoro zampillìo di luce...

 

Su clivi d’ambra e giada

ulivi ventilati

becchettano, miti colombe,

l’astrale pace

dei cieli di Sicilia,

nei quali si profila

azzurra

la vigilanza

degli omeri giganti

di roccia.

 

E sulle arene

della marina

si smorzano

broccate

le onde, che ammalia il canto

largo delle cicale.

 

Giugno

              solare zampillìo di ottoni...

 

 

 

**********

Altro notturno

 

 

 

 

Fruscia a fior di fogliame

la luna, candida ninfea...

 

La giovanile volontà del lieve

salpa da rada in pace

per lontananze astrali...

 

 

 

**********

Attico mattino

 

 

 

 

O attico mattino, figlio dolce

dell’amarezza brulla delle rocce,

tu di una festa di colori il folto

fai sentire del bosco;

                                      e in cima a un ramo

sogni spiegano l’ali a lunghi voli.

 

 

 

Condividi pagina
Repost0

Florilegio Di Versi - Pagine Su S. A.