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Castelbuono
A Giuseppe Mazzola Barreca
(in memoria)
Beddu paisi miu
dunni c’è alivi e manna
e sempri binidittu
paisi di Sant’Anna!
G. M. B., Casteddubonu
La sera (è inverno ancora) raggela le cose d’intorno
— e i miei pensieri.
Affranti, il cielo e i monti
velati d’ombra viola di tramonto;
mesti, gli ulivi saraceni e i frassini
nella quiete ondulata dei poggi suburbani
— un’eco di anni che non sono più
(anni di luce, d’aria, rime alate e amicizia)
in seno mi risuona, costernata,
in gola mi fa nodo, ignavi gli occhi
e umidi d’incolmabile rimpianto...
Il sole negli sguardi e in fondo all’anima,
lui della nostra terra — amara e dolce
sovranamente, pronta all’ira e al brio,
sì intimamente siciliana —,
lui
mai non finiva di cantare il vero.
Fioriva senza posa la sua creatività:
immagini, parole, versi
gli prorompevano,
freschi zampilli di note iridate,
in un idioma (quello materno) di agrezza soave.
Annotta.
Dappertutto, pletorico nerore.
Ma la memoria accende, uno per uno,
i suoi lumi e i suoi fuochi,
a mitigare
buio e freddo del cuore murato dentro il lutto...
Tutto della sua gente — storia, leggende, fede,
arti, mestieri, folclore, ironia —
e dei ridenti paesaggi nativi,
tutto che ebbrezza era per lui!
che slanci
sempre nuovi di sogni senza fine!
Correva, lui,
le valli e le poggiate
gioiose di ruscelli di arboscelli
di pecore brucanti,
e le marine
circonvicine, ogni ora sonore di risacca
e biancheggianti di schiuma languente.
Varcava la giogaia madonita
cosparsa di agrifogli lecci querce,
aspra di roccia, soffice d’euforbia
e di pastura per armenti e ovini.
Scorreva con acume brani di ere avvenute,
ne guardava ammaliato monumenti
ruderi frammenti rinvenuti:
ciascuno, come gemma sfaccettata,
gli svelava i bagliori di antiche civiltà,
di tutti e di ciascuno come in sogno
ascoltava il silenzio affabulante...
Più e più vedeva sconsolatamente
scolorirsi l’idillio del suo piccolo mondo,
più e più di Dio vedeva tutt’intorno
la grazia illuminante tralucere
dal volto
incartapecorito dei pastori,
da quello scarno color di mattone
dei contadini, dagli occhi pazienti
— accesi di una punta di alterigia e di beffa —
degli artigiani, da quelli insaziati
di sogno e lontananti degli artisti,
da quelli premurosi delle madri,
dai sorrisi dei semplici.
Erano in lui tutt’uno
vita, preghiera, amore e canto schietti
che a un’ultima ventata, petali di una rosa,
si spersero di là dall’orizzonte...
Questo rosario di ricordi
sia
medicamento a questa orfanità
che tutto mi pervade,
abbia vivezza
ben oltre la mestizia del frangente...
Oh non è morto lui, né muore:
vive:
la sua immortalità è Castelbuono
e lo è l’infanzia oppure la poesia.
5 marzo-8 giugno 2011 Santo Atanasio
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N.d.A.: Giuseppe Mazzola Barreca, nobile figura di uomo, amico tra i nostri più cari e generosi, eminente cantore della nostra terra in lingua siciliana, era nato il 17 ottobre 1917 a Castelbuono e, all’età di novantatré anni, ci ha lasciati, sabato 26 febbraio 2011; ci ha lasciati all’improvviso e immedicabilmente soli.
Prima stampa in «Le Madonie», N. 7, 1-15 luglio 2011, con erronea scansione di versi e con refusi di posizione di alcuni frammenti.