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muse erato

Erato

 

(da Santo Atanasio, Trilogia di miti greci, Ediz. d'autore f.c., Castelbuono, 1995)

 

**********                                                                                                                                    (1994)

da Europa Trilogia..

 

[...]

Come la neve candido, maestoso

e insieme lieve come airone in volo,

appare l'animale sulla spiaggia;

placido muove incontro alle fanciulle

che gli si fanno festevoli attorno,

le guarda mite scodinzola;

                                           poi

s'inginocchia invitante a te vicino,

tu come statua bella, Europa ignara

dell'elusiva finzione del dio;

e non indugi, e gli sali sul dorso:

 

ma ecco che a gran galoppo verso le acque

corre il toro divino, vi si tuffa

e guizza via come un delfino;

                                                al collo

della bestia aggrappata, o disperata

Europa, gridi inutilmente gridi -

[...]

Qui Zeus a te si rivela, o Europa

soave fiore in boccio, sotto un platano

che gigantesco si erge e per prodigio

diventa sempre verde...

[...]

Europa, la tua pena lanceolata

ora si placa nei fluidi versi,

dove il tuo seme di grazia germoglia;

ora dalla tua incolume dimora

di nuda luce

                     splendi, Europa, come

tra le materne spume di una volta...

 

Beata te! Europa, nostra lieta

rinnovata innocenza di fanciullo,

che della vita i soffi aridi ràbidi

non travolgono più -

                                  più non dissacrano.

 

 

22-24 giuno 1994

**********

 da Danae

 

 

Danae, Danae, dal mito ove dimori

trasmigra (tu lo voglia e piaccia a Zeus)

nel mio sogno rivèrsati in splendore.

[...]

Tu segregata con la tua nutrice

nel carcere di bronzo di una torre,

o bella Danae di Argo, unica figlia

di Acrìsio, re della città!

[...]

                                Ad ora ad ora,

pallida e triste Danae, fra le quattro

mura di luce avare (che a morire

t'invitano), la tua innocenza espii...

[...]

                                Oh! del tuo pianto

immacolato Zeus, l'onniveggente,

s'impietosisce; e invera una finzione

per raggiungerti: in una pioggia d'oro

si tramuta, scatena un temporale,

penetra fin nel sottosuolo, su

lungo le mura di bronzo risale;

e filtra nella stanza, e, giù colando

come da favi miele, inzuppa te,

o Danae, sciolta i pensieri dolenti

nel languore delle ombre d'Hypnos... E

si avvera il sogno: dalla pioggia d'oro

nasce Persèo, dono del dio supremo.

 

Quando ne viene a conoscenza Acrìsio,

chiodato del responso la memoria,

senza indugiare, disumano lui!,

in una cassa di cedro rinchiude

te e il tuo figlioletto, e in mare voi

getta, oh poveri!, oh Danae la tua pena!

 

Ma venti si alzano propizi soffiano,

o Danae madre di amara dolcezza:

il legno come vela gonfia scivola

a fior delle acque; infine approda a Sèrifo,

voi salvi!, e Polidette, re dell'isola,

vi accoglie a corte...

 

                               Qui, o Danae, sei

vittoria di bellezza pura e assorta:

il tiranno ama te non corrisposto,

e sempre più t'insidia, invano...

[...]

                                                Ma l'eroe,

vincitore, la testa di Medusa

irta di serpi in una sacca magica,

ritorna all'isola di Sèrifo, e

scopre che Polidette ti ha, o Danae,

tiranneggiata per il tuo diniego

opposto alla richiesta di sposarlo;

Persèo allora trae dalla bisaccia

l'orrida testa e la pone dinanzi

a Polidette che, malcapitato

lui!, si trsforma in un istante in pietra...

 

E illimpidiscono i tuoi occhi, Danae:

altro non vedi che arcate di luce

leggiere tra zaffìri di acque e cieli

levate, da sfrecciarvi, ala insaziata.

[...]

Danae, però, quando scende la sera,

senti della natia città lontana

un'eco intensa trapassarti il petto,

come una freccia di mestizia vaga

avvelenata e di speranza tenue...

 

Partire! Navigare il mar Egeo!

[...]

                                   Alla fine,

quando l'eroe scopre l'identità

del disgraziato, non osa però

reclamare del nonno il trono: scambia

il regno di Argo con dei territori

di Megapente, ove da saggio regna

e lungamente -

                       sotto il tuo materno

sguardo di gloria casta e quieta, o Danae,

e di preghiera rivolta a Zeus padre.

 

O metamorfica creatura greca,

sei verità e vivezza di metafora

dell'umana vicenda di ombra e luce?

o forse di quel quid caleidoscopico

detto poesia? o sei mera illusione?

 

Danae, tu sei.

                     Indubitabilmente.

 

Cara, così ti serbi il dio.

                                     Per sempre.

 

 

1-15 luglio1994

**********

da Alcesti

  

  

Alcesti, o tu nella verde Tessaglia,

presso il lago Bebèide, reclinata

il bel volto di stella innamorata

sulla gloria degli omeri di Admeto!

[...]

                               Alcesti, oh la più bella

tra le figlie di Pelia re di Jolco!

  

Giglio tessalico, e puro, e inviolato,

o tu del cuore dell'ìnclito Admeto

cara speranza sei, e vita, e gioia;

[...]

                               Il dio, durante

il banchetto nuziale, dà da bere

alle Moire dei calici soavi:

così le induce a promettere che,

nell'ora estrema del re Admeto, il filo

della sua vita non sarà reciso,

purché qualcuno volontariamente

scenda in sua vece nelle ctònie tenebre.

[...]

Felici voi, Alcesti e Admeto, e Tèssali

tutti!

         Cieli, maestà azzurro estatico!

Cuori, regge di aneliti superbi!

O A lcesti, gli occhi perduti negli occhi

che ami, schiudi alla luce due figlioli.

E i giorni giustapposti a uno a uno

sone tessere-sogni di un mosaico.

 

Ma pochi anni... e poi l'ora fatale!

[...]

Quand'ecco te, o Alcesti in fiore,

                                                     ucciderti:

per amore di Admeto, per protrarne

la vita, oh eroica, tu perdi la tua

e i figlioletti amati!

 

                                O Alcesti, mentre

dormi il tuo nudo austero sonno,

                                                     echeggia,

fitto corno di lutto vedovile,

l'urlo di Admeto nella reggia cieca:

"Ahi dispietata morte! Ahi crudel vita!";

gela di brividi i boschi gli armenti;

detronizza il silenzio nelle valli.

 

Pure, nel buio grembo della terra,

sul ciglio truce della dea Persèfone

spunta pietosa una lacrima;

                                            "Alcesti!"

risuona nelle viscere dell'Ade;

poi la voce divina proferisce

suadente:

               "Oh Alcesti, il tuo sublime gesto

d'amore coniugale vincerà

la morte! Su! torna alla vita. Va'

tra le braccia di Admeto!"; e, rivestita

di bianca carne e più che mai raggiante,

tu ringrazi la dea, e corri via

aprendoti il passaggio nella folla

dai flebili lamenti.

 

                               E voi riecco

insieme, o Alcesti, o Admeto, nell'amena

Tessaglia, presso il verde azzurro lago,

ebbri del vostro amore vincitore!

 

O Alcesti, il tempo si è fermato.

                                                    Splendi

perpetuamente dài anima nuova

a ciò che è ansia di varcare i limiti

propri dell'uomo, per abnegazione.

 

O eletta, incùlcaci la fede in ciò

che è vero e nella grazia trascendente.

 

Alcesti, tu lo voglia,

                                 e così sia.

 

22 luglio-6 agosto 1994

 

______

N.d.A.: Il verso in corsivo, Ahi dispietata morte! Ahi crudel vita!, è di Francesco Petrarca (cfr. la ballata mezzana Amor, quando fioria, nel Canzoniere).

 

 

 

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